
Il primo post del 2019 doveva essere questo, ma diverso. Mi ero ripromessa di raccontare come ho imparato (soprattutto dalla lettura di Leo Babauta) a scomporre grandi idee e obiettivi ambiziosi in piccoli tasselli praticabili e realistici. In particolare, come spesso 30 giorni di micro-attività quotidiane ci permettono di raggiungere traguardi che in partenza sembravano inarrivabili.
Poi all’inizio dell’anno all’elenco dei miei clienti si è aggiunta un’agenzia, che prima mi ha affidato un incarico su un cliente, e poi mi ha chiesto di unirmi alla squadra per un anno. Ho esaminato la proposta per tre lunghi giorni. Se da un lato i vantaggi di ricominciare a lavorare in un team complesso e stabile per me erano evidenti e preziosi (avere una struttura con competenze chiare mi permette di concentrarmi su quello che so fare meglio, un’agenzia mi offre l’opportunità di lavorare su progetti più elaborati, con prospettive diverse, ecc), dall’altro la mia grande preoccupazione era conservare spazio e tempo per babepi e per i miei progetti personali di lavoro.
La doppia vita del freelancer in agenzia
La condizione della libera professionista che collabora per la maggior parte del tempo lavorativo con un’unica entità ma continua ad avere una propria attività è molto frequente, e del perché possa essere una strada interessante e stimolante ha scritto anche Chiara Battaglioni su C+B.
Perché diciamolo, se volessimo chiudere partita IVA e farci assumere lo faremmo, in fondo tra i vantaggi di avere una certa anzianità c’è il fatto di essere nella posizione di negoziare. Ma a volte può valere la pena sfruttare questo potere di negoziazione per tenere viva un’attività che ci regala gioia e nella quale ancora vediamo prospettiva. Che è quello che ho fatto io, seguendo anche i consigli di Giuliana Laurita ascoltati l’anno scorso. Ho negoziato l’ingresso in agenzia con tempi che mi permettessero di portare a termine i lavori aperti, ma anche tenendomi giorni e flessibilità per progetti miei per tutta la durata del contratto.
Avere fatto con cura una pianificazione dei miei obiettivi personali e professionali per l’anno mi ha aiutato a identificare in anticipo quali potevano essere i margini di flessibilità di cui avevo bisogno, e un retreat che avevo già in programma per i primi giorni di aprile mi ha permesso di adattare l’organizzazione professionale che mi ero data per il 2019 alle nuove condizioni.
Tempo per fare e tempo per organizzare
Quello che, nella mia ingenuità, ho lasciato sfuggire all’applicazione quotidiana dei piani che avevo fatto, è stato il tempo che un’attività autonoma comporta per mantenere viva l’organizzazione e la pianificazione, insomma il lavoro on the business, invece che in the business.
Il lavoro in agenzia mi impegna dalle 130 alle 160 ore produttive al mese, il che significa che satura e spesso supera la settimana da 30 ore lavorative che avevo scelto come modello di lavoro quando ho ripreso le attività di babepi a pieno ritmo. A questo tempo effettivo si aggiunge ovviamente quello per i miei progetti personali, per prepararli e coltivarli. In questa matematica neanche tanto complessa, trovare il tempo per curare il dietro le quinte della mia libera professione, scrivere questo blog, finire di tradurre il sito… (e la lista potrebbe continuare) sembra impossibile.
Insomma, è il banco di prova ideale per una sfida da 30 giorni come quelle che ho imparato da Leo Babauta! Il che è perfetto e terribilmente meta, perché mi ha permesso di recuperare la bozza di questo pezzo come primo post della nuova stagione, e allo stesso tempo perché mi ha ricordato un semplice strumento per risolvere quello che per me era diventato un problema.
Un obiettivo concreto
Come si fa a mettere le basi di una grande impresa in soli 30 giorni? Si comincia con un obiettivo ambizioso sì, ma misurabile (in inglese S.M.A.R.T.: Specific, Measurable, Assignable, Realistic, Time-related). Il mio l’ho riassunto così:
ritagliare ogni giorno almeno 30 minuti alle mie attività di lavoro personali, per poter arrivare a inviare la mia prima newsletter mensile il 1 ottobre
Ho scelto questo obiettivo perché mi offre una deadline che è di per sé un premio. Alla fine prevedo di inviare una newsletter molto dinamica, corta e poco commerciale, giusto per attivare un dialogo con un potenziale pubblico che neanche so se esiste. Quindi in buona sostanza se ci riuscirò ne trarrò immediatamente benefici (tipo: scoprire se c’è un potenziale pubblico!).
Piccoli passi per grandi risultati
Ma un conto è formalizzare un obiettivo e un conto è capire cosa bisogna fare ogni giorno per arrivarci senza perdersi d’animo e soprattutto senza perdere di vista la fine. Il primo passo è ovviamente identificare tutte le tappe intermedie che ci possono portare dal punto zero al risultato. La fase successiva è identificare ulteriori tappe intermedie fino ad avere scadenze sufficientemente vicine da non farci perdere motivazione.
In mezzo a questa tabella di marcia di deadline intermedie ci deve poi essere spazio per il cambiamento di approccio necessario per raggiungere l’obiettivo. Perché se per raggiungere un obiettivo, tipo dimagrire 5 kg, per dire, fosse sufficiente puntare a perdere mezzo chilo a settimana… entrerei in una 44! Invece, dietro a ogni grande obiettivo che fino a quel momento non abbiamo raggiunto, c’è di norma un cambiamento di passo richiesto. Nel mio caso, come scrivevo prima, fare uno sforzo concreto per ritagliare spazio per le attività di babepi con una certa regolarità.
Del dettaglio di come funzioni mettere in atto un cambiamento attraverso il meccanismo delle abitudini ho già scritto per C+B. In pratica si tratta di “addomesticare il tuo corpo a compiere un’azione senza quasi pensarci” attraverso la ripetizione regolare di questa azione.
Nel mio caso, ecco un elenco delle attività settimanali che proverò a ripetere nel prossimo mese.:
- sveglia tassativa alle 6 tutti i giorni feriali, alle 5 il martedì per fare spazio a 1 ora e mezza di scrittura sul blog. Conto di tornare a pubblicare un post ogni due settimane e siccome ho già l’elenco dei post fino a giugno, non dovrebbe essere difficile scriverli in 3 ore;
- il lunedì mattina prima di uscire di casa dedico 30 minuti alla lettura di libri di aggiornamento;
- il mercoledì mattina invece dedico lo stesso tempo a aggiornamenti al sito. Ho fatto un elenco su Trello per spuntare le attività;
- tutti i giorni chiudo la giornata lavorativa con il controllo della mia email babepi e l’aggiornamento della pianificazione per la giornata per correre ai ripari se ci sono cambiamenti, e difendere le ore dedicate a babepi, recuperandole;
- cerco di pubblicare un post su Instagram ogni giorno feriale, ma mi sono concessa che sia la prima cosa che salta perché ho promesso a me stessa anni fa che non avrei più pubblicato contenuti social solo per esigenze di piano editoriale o strategia. È la mia piccola ribellione;
- tutti i giorni vado al lavoro in bici e lungo il percorso ascolto podcast rigorosamente ludici. Tipo scripted series (la versione podcast dei vecchi sceneggiati radio) o cose di lifestyle (cosmetici, costume, moda). Così libero la mente da pensieri professionali e sopporto meglio il carico di ore;
- faccio la pausa pranzo fuori ufficio almeno tre giorni a settimana, almeno una volte alla settimana vado in biblioteca, dove c’è un bel chiostro dove mangiare e poi posso entrare a leggere. È un ottimo modo per resettare la testa a metà giornata e tenere alta la produttività nel pomeriggio;
- dedico il sabato mattina alla parte admin, con due ore bloccate in agenda, cascasse una pannocchia.
Sembrano millemila cose, ma molte sono semplice applicazione consapevole di azioni che avevo già cominciato a intraprendere. Ho già cominciato questa settimana, con una specie di “riscaldamento”, anche per testare la fattibilità della mia idea. Diciamo che considerato che si trattava della settimana del rientro è andata abbastanza bene, mi sa che nelle Storie di Instagram vi aggiornerò di come andrà in futuro.
E questo è quanto. Sono tornata.
Immagine di copertina di Jordan Whitfield/Unsplash.