
È già dicembre e io mi sento più come se fosse novesemprembre, l’infinita stagione del nostro scontento. Non ho fatto l’albero di Natale (il suo posto è ora occupato da una delle postazioni di lavoro da remoto che abbiamo allestito in aprile), non ho creato decorazioni, non ho impacchettato regali. Soprattutto, sono in ritardo col piano editoriale di questo blog, che avevo già adattato e riadattato per fare spazio a imprevisti ed evenienze.
Ma ho una fiducia cieca nel potere taumaturgico delle routine, quindi mi sono seduta alla scrivania, ho rubato un’ora al piano della giornata e mi sono imposta di scrivere il post pre-vacanze e di fine anno che avevo in programma per oggi.
In origine volevo raccontarti nel dettaglio cosa farò nel mio personale retreat di fine anno, il 28 e il 29 dicembre prossimo. Quando ruberò del tempo alla mia famiglia per chiudermi in una stanza a lavorare sui bilanci del 2020 e la programmazione del 2021. È un’abitudine preziosa e se vuoi consigli su come imitarmi c’è un post su C+B che ne parla.
Poi però mi sono guardata intorno sul web e ho sentito di avere qualcosa di più utile da condividere, ovvero la mia lista di “no” per il 2021.
La lista delle cose che non voglio più vedere nella mia vita è una delle parti che preferisco nei miei esercizi di fine anno per la definizione degli obiettivi, e anche uno degli strumenti più utili, nel tenermi in carreggiata nel corso dell’anno.
Al contrario di quello che puoi pensare non è una lista negativa.
Al contrario presuppone da parte mia uno sforzo attivo per eliminare certi sentimenti, comportamenti, cattive abitudini e così via dalla mia vita.
Nel tempo ho cominciato a infilarci dentro anche ingiustizie sociali. In piccolo, perché come ho avuto modo di dire in una diretta su Instagram lunedì scorso, a 18 anni ho smesso di fare attivismo politico. Ora mi occupo solo di piccoli cambiamenti che posso agire nella mia minuscola sfera di influenza, attraverso il rapporto uno a uno e la cura della relazione con le persone che ne fanno parte.
Da adolescente era una scelta di necessità nata dalla prima intuitiva consapevolezza che:
- non ho le energie emotive per sostenere una forma tradizionale di attivismo, o meglio, non sono disposta a pagare il prezzo che comporterebbe;
- non sono in grado di gestire i compromessi necessari per agire in politica, avendo ben chiara una visione di insieme e allo stesso tempo tutte le sfaccettature di una situazione.
Nel tempo è diventata una decisione programmatica che onora le mie due priorità di vita principali:
- coltivare il lusso di essere sé stesse, per me e per le persone con cui entro in contatto (o che entrano in contatto con me);
- dedicare il meglio di me prima di tutto alle persone che amo e che mi amano.
In questo quadro, le voci della mia lista “il prossimo anno dico ‘no’ a” hanno cominciato negli ultimi tre anni ad arricchirsi di attivismi in miniatura.
Ecco quindi le due cose a cui dirò no nel 2021 per agire un cambiamento sociale.
Le frasi “Migliora”, “Diventa migliore”, “Fare meglio”
Sto parecchio attenta a non pronunciarle già da un paio d’anni, ma nel 2021 voglio proprio correggere gli altri quando le dicono e fare presente che dietro il concetto di ‘meglio’ applicato alle persone c’è un’implicito giudizio di inadeguatezza. C’è l’idea che ciò che siamo non sia abbastanza e debba essere cambiato per migliorare.
Incoraggio e incorragerò tutti a dire invece “sii la migliore versione di te stessa/o”, “fai quanto più ti è possibile”. Con affetto e indulgenza per i nostri difetti e stanchezze, che sono assolutamente normali e che non fanno di noi delle persone ‘sbagliate’.
Con questo piccolo gesto spero di contribuire a indebolire la grande industria mondiale dell’insicurezza (come la chiamo io), che guadagna milioni dal farci sentire inadeguati per venderci “soluzioni definitive” che hanno il solo effetto di tenerci in perpetuo stato di bisogno e rassicurazione.
Giudicare le persone dalle loro azioni
Al contrario, nel 2021 voglio sempre di più giudicare le azioni delle persone, riconoscendo che non sempre definiscono le persone che le compiono. E che spesso ciascuno di noi sta facendo il meglio che può in quel momento, anche quando sbaglia.
È un insegnamento che mi porto dietro da quasi quarant’anni, da quando mio padre mi citò una frase dal libro “Un ingenuo e sentimentale amante”:
Un uomo si giudica da quello che cerca, non da quello che trova.
John Le Carré
La verità è che tutti facciamo errori, a volte imperdonabili, ma non per questo secondo me dovremmo essere cancellati dalla faccia del pianeta o ridotti alla somma degli errori che compiamo. La nostra identità risiede molto di più, io credo, nei nostri valori, nelle nostre aspirazioni e nei sentimenti. E su quelli mi riservo di continuare a esercitare giudizi severi. Perché non sono certo una persona esente da difetti e uno di questi è proprio che giudico, o comunque traggo conclusioni.
Ma con un approccio diverso, che non condona errori gravi, né esonera ciascuno di noi dalla responsabilità delle conseguenze, spero di limitare la propagazione della cosiddetta “cancel culture” e di dare alle persone l’incoraggiamento che serve a superare gli errori e ricordarsi dei propri ideali.
Dal punto di vista mio personale invece, la lista dei “no” da dire nel 2021 è ancora in costruzione, ma ci sono tre punti fissi che mi porto dietro da tre anni e che ho già confermato anche per il 2021.
Si tratta di azioni spesso involontarie, anzi proprio di tre meccanismi di adattamento con cui tendo a reagire ai miei errori (reali o percepiti) e ai momenti in cui mi sento più esposta e vulnerabile.
Nel tempo ho scoperto che lasciarmi andare a queste strategie istintive, invece che aiutarmi a superare momenti di difficoltà mi blocca e mi impedisce di crescere. Così ora mi sforzo di riconoscerle per tempo e fermarle sul nascere.
Vergognarmi di quello che dico o faccio
Sono sempre stata pesantemente consapevole degli sguardi delle persone su di me, anche quando nessuno in realtà mi nota (ovvero nella stragrande maggioranza dei casi). Quindi ho questa convinzione innata che qualsiasi minimo errore, passo falso, gaffe o goffaggine venga visto e possa essere usato contro di me per dimostrare che non sono sufficientemente intelligente, assertiva ecc.
Razionalmente so che non solo raramente la gente si accorge degli errori che faccio, ma che soprattutto gliene frega davvero poco. Quando esco dalla macchina e ho il cappotto infilato nella cintura di sicurezza che mi ritrascina dentro e quasi cado… non c’è nessun pubblico interessato al punto da pensare “che tonna”. Ma il mio primo istinto è guardarmi intorno furtiva e cercare di apparire naturale mentre mi risistemo.
È una perdita di tempo e un condizionamento fastidiosissimo che ora combatto. Riconoscendolo quando arriva e scartando immediatamente il pensiero. Se l’errore è un po’ più grande e reale ci vuole più tempo a smontare il meccanismo, ma ho notato che se provo a rispondere alle domande “qualcuno ne soffre/soffrirà?” e “posso riparare?”, riesco a capovolgere il mio approccio e sentirmi meglio. E dire “no” a una vergogna francamente inutile.
Confrontarmi con altri
Se sono in difficoltà e ‘incontro’ qualcuno (nella vita o sui social) mi viene spesso istintivo misurare il mio stato reale con l’immagine che intercetto dello stato di quella persona. Succede il 95% delle volte sui social network, ed è per questo che li frequento il meno possibile, compatibilmente col lavoro e tutti gli stimoli positivi che comunque mi forniscono.
Sui social gira da tempo immemore la citazione
Comparison is the thief of joy.
Theodore D. Roosevelt
E infatti immancabilmente confrontarmi con altri mi porta a:
- sminuire tutti i miei traguardi (troppo miseri, nei campi ‘sbagliati’, arrivati tardi, ecc);
- perdere la motivazione sui progetti a cui lavoro (c’è sicuramente qualcuno più capace di me);
- pensare male degli altri (sicuramente l’hanno aiutat*, è tutta fuffa, è Instagram vs reality, ecc).
Insomma: energie negative, insicurezze e immobilismo. Tutto inutile e controproducente se già la situazione è difficile.
Dire a “no” al confronto significa prendermi invece il tempo per essere presente nel momento difficile e chiedermi “quali sono le cose importanti in questo momento?”. Avere per le mani questa lista, metterla in ordine di priorità, è un ottimo spunto per rimettermi in moto con proattività.
Evitare di affrontare temi e momenti difficili
Ebbene sì, come tutti anche io non amo sguazzare nelle cose complicate. Procrastino, evado, cerco di scappare, rimandare o proprio far finta che ciò che non voglio vedere… non esista del tutto. È deleterio e del tutto inutile perché le difficoltà rarissimamente si risolvono da sole.
Per fortuna, una delle prime cose che ho imparato in terapia è che spesso ciò che più ci spaventa è raramente così spiacevole come lo immaginiamo. Anzi, più evito di pensarci più nel retro della mente prende dimensioni e caratteristiche mostruose… ma quando poi lo affronto scopro che non era niente di ché. Quindi non solo ho perso tempo, ma mi sono anche esposta a stress inutile.
La mia psicologa mi ha insegnato a chiedermi “qual è la cosa peggiore che potrebbe succedere se affrontassi questa situazione?”. La risposta è raramente così grave che non sia meglio occuparmi subito della situazione e mettermela alle spalle, così difendermi dall’evasione mi aiuta a concludere molto di più nella vita.
Ci hai fatto caso? Ogni “no” sulla mia lista è davvero un modo per sentirmi meglio, dedicare più tempo a ciò che amo, risparmiare energie e alleviare lo stress. Spero che ti sia d’ispirazione per la tua lista di “no” per il 2021.
E buon anno. Comunque vada 💙
Foto di copertina di Giulia May/Unsplash.